di William Tenn (Philip Klass)

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Parecchi mesi dopo la seconda guerra atomica, quando la radioattività copriva ancora con la sua desolazione un terzo del pianeta, il dottor Daniel Glurt di Fillmore Township (Wisconsin) incappò in una scoperta che avrebbe prodotto il supremo progresso sociologico dell'umanità.
Proprio come Colombo, compiaciuto per il suo viaggio fino alle Indie, come Nobel, orgoglioso per la sua sintesi della dinamite che avrebbe reso impossibili guerre e combattimenti fra le nazioni... il dottore equivocò la sua scoperta. Molti anni più tardi disse, con una risata chiocciante, a uno storico che andò a intervistarlo:
«Non avevo la minima idea che avrebbe condotto a questo, proprio nessuna. Lei ricorderà che la guerra era appena finita: ci sentivamo tremendamente stanchi e sgomenti con le coste orientale e occidentale degli Stati Uniti completamente riarse o quasi. Ebbene, giunsero istruzioni da Topeka, la nuova capitale nel Kansas, che noi medici sottoponessimo a un completo controllo fisico tutti i nostri pazienti. Sa, dovevamo prestare attenzione alle ustioni radioattive e a quelle nuove, fantasiose malattie che gli eserciti si erano scaraventati addosso. Ebbene, signor mio, è proprio quello che m'impegnai a fare, con tutte le mie energie, e assolutamente nient'altro. Conoscevo George Abnego da più di trent'anni: l'avevo guarito dalla varicella, dalla polmonite, dall'avvelenamento da ptomaine. Non avevo mai sospettato!»

Essendosi presentato allo studio del dottor Glurt subito dopo la fine dell'orario di lavoro, secondo il proclama urlato per la strada dal messo municipale, e avendo aspettato pazientemente in coda per un'ora e mezza, George Abnego venne finalmente ricevuto nel piccolo ambulatorio. Qui il medico gli batte le dita sul torace, gli fece i raggi X e gli prese i campioni del sangue e dell'orina per analizzarli. Anche la pelle gli venne attentamente esaminata, e dovette rispondere alle cinquecento domande preparate dal Ministero della Sanità in un patetico tentativo di depistare i sintomi delle nuove malattie.

Poi George Abnego si rivestì e andò a casa, dove l'aspettava una cena a base dei cereali permessi quel giorno dal Comitato Annonario. Il dottor Glurt ripose la cartellina di Abnego in un cassetto e chiamò il paziente successivo. Fino a quel momento, non aveva notato nulla, eppure, senza volerlo, aveva già dato inizio alla Rivoluzione Abnegita.
Quattro giorni più tardi, completata la ricognizione sanitaria di Fillmore (Wisconsin) il dottore inviò i risultati degli esami a Topeka. Un attimo prima di firmare il foglio di George Abnego, gli diede una rapida scorsa, sollevò le sopracciglia e aggiunse il seguente appunto: «Malgrado una tendenza alla carie dentale e al piede d'atleta, giudico quest'uomo di salute media. Fisicamente, rappresenta la media di Fillmore Township».
Fu proprio quest'ultima frase che indusse il funzionario medico governativo a ridacchiare e a dare un'altra occhiata al foglio. Al che, il suo sorriso si storse in una smorfia di perplessità... E fu ancora più perplesso quand'ebbe controllato i dati e le dichiarazioni sul modulo e li ebbe confrontati con quelli delle tabelle mediche standard.

Scrisse una frase in inchiostro rosso sull'angolo in alto a destra e mandò il foglio all'Ufficio Ricerche.
Il suo nome è andato smarrito nei meandri della storia.

Alle Ricerche, si chiesero perché mai gli fosse stato mandato il rapporto su George Abnego: non aveva nessun sintomo insolito che indicasse novità strane ed esotiche quali il morbillo cerebrale o la trichinosi arteriale. Poi, notarono la frase in inchiostro rosso con l'osservazione del dottor Glurt. Lì, alle Ricerche, scrollarono le anonime spalle e incaricarono una squadra di addetti alle statistiche di approfondire la questione.

Una settimana dopo, come risultato delle loro scoperte, un'altra equipe - nove medici specialisti - partì per Fillmore. Esaminarono, coordinando alla perfezione le rispettive specialità, George Abnego. Poi fecero una breve visita al dottor Glurt, e poiché si mostrò vivamente interessato, gli lasciarono una copia dei risultati dei loro esami.

Per ironia della sorte, le copie governative di tali esami vennero distrutte un mese più tardi durante i tumulti fatti scoppiare a Topeka dalla setta dei Battisti Inflessibili, quegli stessi tumulti che spinsero il dottor Glurt a lanciare la Rivoluzione Abnegita.

I Battisti, a causa della diminuzione della popolazione provocata dalla guerra atomica e batteriologica, erano adesso la più grande corporazione religiosa della nazione. A quel tempo erano controllati da un gruppo votato all'instaurazione d'una teocrazia, i Battisti Inflessibili, su tutto ciò che era rimasto degli Stati Uniti. I dimostranti furono sconfitti e dispersi soltanto dopo molte devastazioni e parecchio spargimento di sangue; il loro capo, il reverendo Hemingway T. Gaunt - che aveva giurato di non togliersi la pistola dalla mano sinistra e la Bibbia dalla destra fino a quando la Legge di Dio non fosse stata instaurata e il Terzo Tempio non fosse stato edificato - venne condannato a morte da una giuria composta da correligionari battisti dal volto severo.
Commentando i tumulti, il Bugle-Herald di Fillmore (Wisconsin), tracciò un mesto parallelo fra le battaglie nelle strade di Topeka e la distruzione causata al mondo dal conflitto atomico.
«Essendo interrotti trasporti e comunicazioni» continuava tristemente l'editoriale «adesso sappiamo ben poco del mondo in rovina nel quale viviamo, al di là di pochi e scarni fatti, quali la scomparsa dell'Australia sotto le onde e il ridursi dell'intero territorio europeo alle catene montagnose dei Pirenei e degli Urali. Sappiamo che l'aspetto fisico del nostro pianeta è cambiato, rispetto a qual era dieci anni fa, almeno quanto le mostruosità infantili e i mutanti che nascono dappertutto come risultato della radioattività, sono sgradevolmente diversi dai loro genitori.
«Davvero, in questi giorni di crescenti catastrofi e drastici cambiamenti, il nostro spirito vacillante implora il cielo perché ci mandi un segno, un presagio, che tutto andrà di nuovo bene, che tutto tornerà come una volta, che le acque del catastrofico diluvio si abbasseranno e noi cammineremo ancora una volta sul solido terreno della normalità».
Fu proprio quest'ultima parola ad attirare l'attenzione del dottor Glurt. Quella stessa sera infilò il rapporto dell'équipe di specialisti governativi nella cassetta delle lettere del giornale. Aveva aggiunto una breve postilla in margine alla prima pagina:
«Ho notato il vostro interesse per l'argomento».

La successiva edizione del Bugle-Herald di Fillmore, una settimana dopo, sbandierava in testa alla prima pagina un titolo su cinque colonne:
UN CITTADINO DI FILLMORE IL SEGNO?
Un Uomo Normale di Fillmore potrebbe essere la risposta del Cielo
Medico Locale Rivela Segreto Governativo

La storia che seguiva era costellata di citazioni liberamente prese - in parti uguali - sia dal rapporto governativo che dai Salmi di Davide. La stupefatta popolazione di Fillmore apprese che un certo George Abnego, un concittadino rimasto inosservato in mezzo a loro per circa quarant'anni, era un'astrazione vivente. Grazie a una combinazione di circostanze non più straordinarie di quelle che producevano una scala reale all'asso in una mano di poker, il fisico di Abnego, la sua psicologia, ed ogni altro più vario attributo, davano come risultato quella leggendaria creatura, l'esatta media statistica.
Secondo l'ultimo censimento fatto prima della guerra, la statura e il peso di George Abnego erano identici alla media del maschio americano adulto. Si era sposato all'età esatta - anno, mese, giorno - in cui, secondo le stime degli statistici, lo faceva l'uomo medio; aveva sposato una donna la cui età era minore della sua del numero medio di anni; il suo reddito, secondo quant'era stato dichiarato dalla sua ultima cartella delle tasse, rappresentava giusto il reddito medio di quell'anno. E il numero di denti che aveva in bocca coincideva, per quantità e condizione, col numero medio di denti che l'Associazione Dentistica Americana aveva previsto per un uomo sorteggiato a caso tra la popolazione. Il metabolismo e la pressione di George Abnego, le sue proporzioni fisiche e le sue personali nevrosi erano tutti campioni esattamente rappresentativi dei più recenti dati disponibili. Sottoposto a tutti i test possibili e immaginabili per la valutazione della personalità, il punteggio ottenuto lo qualificava perfettamente normale. Per finire, la signora Abnego aveva di recente partorito per la terza volta, mettendo al mondo un maschietto. Ciò era accaduto nel momento esatto, secondo gli indici demografici della nazione, ma aveva dato come risultato un campione di umanità del tutto normale - a differenza di molti altri bambini nati nel paese.
Il Bugle-Herald strombettò il suo inno alla nuova celebrità completando il tutto con la pubblicazione d'una vecchia fotografia, unta e bisunta, della felice famigliola, nella quale il gruppo degli Abnego fissava con occhi vitrei l'obbiettivo, e un'aria che fece esclamare a molti: «Media.., cavolo, se non è media!»
I giornali degli altri stati si associarono al coro. Prima lo fecero lentamente, poi con un entusiasmo sempre più chiassoso e travolgente. E invero, man mano che il più vivo interesse del pubblico per questo simbolo della stabilità, per questo rifugio da ogni estremistica assurdità, divenne manifesto, le colonne dei giornali riversarono fontane sempre più torrenziali di prosa rutilante sull'Uomo Normale di Fillmore.
All'università statale del Nebraska, il professor Roderick Klingmeister, osservando che molti membri della sua classe di biologia ostentavano al bavero cospicui e coloratissimi distintivi con l'immagine di George Abnego, «Prima di cominciare la lezione» ridacchiò «vorrei dirvi che questo vostro 'uomo normale' non è il messia. Non è altro, temo, che una sorta di curva di Gauss incarnata, mediocre, e con mediocri ambizioni, e...»

Non andò oltre. Gli spappolarono il cervello col suo stesso microscopio delle dimostrazioni.
E già allora, pochi fra i più attenti uomini politici osservarono che nessuno venne punito per quel precipitoso assassinio.

L'incidente avrebbe potuto venir collegato ad altri episodi che seguirono: lo sfortunato e sconosciuto cittadino di Duluth, ad esempio, il quale, nel momento culminante della parata per il Benvenuto al vecchio 'Medio' Abnego organizzata dalla città, fu udito dichiarare, con bonario e naturale stupore: «Diamine, ma è soltanto un comunissimo disgraziato come voi e me», e fu immediatamente scannato e ridotto a coriandoli dalla folla.

Questo, ed altri simili fatti, ricevettero la dovuta attenzione da parte di quegli uomini il cui potere derivava appunto dal «giusto» - e correttamente orientato - consenso degli elettori.

Questi uomini conclusero che George Abnego rappresentava la maturazione d'un grande mito nazionale il quale, implicito nella cultura da più di un secolo, aveva conosciuto un vistoso appagamento grazie ai mezzi di comunicazione e d'intrattenimento di massa.

Era il mito che aveva avuto inizio con lo sforzo di tanti giovani di essere il «Ragazzo Americano Normale ed Energetico», per sfociare, ai più alti livelli politici, con il tizio in bretelle e maniche di camicia tutto proiettato alla conquista di un posto al sole al grido di: «Uffa, tutti sapete chi sono! Sono una persona comune... soltanto una persona comune!»

Era il mito da cui erano nati mille diversi comportamenti, solo superficialmente scollegati, come il rito di baciare i bambini, il culto di «tenersi al passo con i Jones», le mode vanesie, sciocche, in continuo mutamento, che imperversavano tra la popolazione con la monotona regolarità delle passate successive d'un tergicristallo. Il mito degli stili e delle organizzazioni fraterne. Il mito della «gente come si deve».
Quell'anno vi furono le elezioni presidenziali Dal momento che tutto ciò che rimaneva degli Stati Uniti era il Middle West, il partito democratico era scomparso. I suoi resti erano stati assorbiti da un gruppo che si autodefiniva Repubblicani della Vecchia Guardia, la cosa più prossima alla Sinistra americana. Il partito al potere, i Repubblicani Conservatori, talmente a destra da sconfinare nella monarchia, si era garantito la promessa di tanti voti teocratici da sentirsi del tutto tranquillo circa il risultato delle elezioni.

Presi dalla disperazione, i Repubblicani della Vecchia Guardia si affannarono a cercare un candidato. Avendo dovuto - con vivo rincrescimento - rinunciare all'adolescente epilettico eletto governatore del South Dakota in violazione della costituzione dello Stato; nonché alla nonnina dell'Oklahoma, grande cantatrice di salmi, che punteggiava i suoi discorsi al Senato con brani di musica religiosa suonati col banjo, gli strateghi del partito arrivarono, un pomeriggio d'estate, a Fillmore (Wisconsin).

Dal preciso istante in cui Abnego venne convinto ad accettare la candidatura - superando tra l'altro la sua ultima e flebile obiezione (lui era iscritto al partito avversario...) - divenne ovvio che le sorti della battaglia erano cambiate, che le tanto decantate radici profondamente incastrate nel terreno avevano preso fuoco.
Abnego fu candidato alla presidenza con lo slogan: «Torniamo al Normale con l'Uomo Normale!»
Quando i Repubblicani Conservatori si riunirono a congresso, la prospettiva d'una catastrofica sconfitta era più che concreta. Cambiarono le loro tattiche, tentarono di contrattaccare a testa bassa, dando stura alla propria immaginazione.
Scelsero un gobbo come candidato alla presidenza. Quest'uomo, come ulteriori difetti aveva quello di essere un ben noto professore di diritto in una delle principali università; si era sposato, senza figli, e aveva divorziato con molta pubblicità; e per finire aveva ammesso, davanti a una commissione d'inchiesta, di aver scritto e pubblicato poesie surrealiste. Tutto il paese fu deturpato con manifesti che, insieme allo slogan «Un Uomo Anormale per un Mondo Anormale!», lo raffiguravano con un'orribile espressione maligna e una gobba due volte più grossa del normale.

Malgrado questo brillante colpo politico, il risultato delle elezioni non fu mai in dubbio. Il giorno delle elezioni, lo slogan nostalgico sconfisse il suo infelice avversario per tre a uno. Quattro anni più tardi, con gli stessi avversari, la proporzione salì a cinque e mezzo a uno. E non vi fu nessuna opposizione organizzata quando Abnego si candidò per la terza volta...

Non che fosse stato lui a schiacciarla. Anzi, c'era stata molta più libertà politica e di opinione durante le sue amministrazioni che in molte di quelle precedenti. Lui, peraltro, di rado affrontava argomenti di attualità e non s'impegnava mai. Era garrulo ed esibizionista soltanto a proposito della sua famiglia.
«Come si può fare la satira del vuoto?» Questo era stato il lamento ricorrente di molti giornalisti e vignettisti dell'opposizione durante i primi anni della Rivoluzione Abnegita, quando, al tempo delle elezioni, c'erano ancora uomini che si candidavano contro Abnego. Cercarono più e più volte di fargli fare dichiarazioni compromettenti o ridicole, ma senza successo. Abnego era semplicemente incapace di dire qualcosa che un sostanziale campione della popolazione potesse giudicare buffo o sconveniente.

Casi di emergenza? «Be'» aveva dichiarato Abnego, nell'aneddoto che ogni scolaretto imparava a memoria già alle elementari «ho notato che perfino i più grossi incendi delle foreste finiscono per estinguersi. L'importante è non eccitarsi troppo».

Mantenne bassa la pressione sanguigna di tutti. E, dopo anni d'incessanti costruzioni e distruzioni, di stimolazioni e conflitti, d'un continuo crescendo di ansie e tormenti, la gente si calmò e gli fu umilmente grata. Parve a molti, dal giorno in cui Abnego prestò giuramento, che il caos cominciasse a tentennare e che dunque riprendesse a fiorire una gloriosa e bene accolta stabilità. Sotto certi aspetti, come ad esempio la diminuzione del numero delle nascite mostruose, erano in atto dei processi che non avevano niente a che vedere con l'Uomo Normale di Fillmore; sotto altri - ad esempio lo stupefacente annuncio fatto dai lessicografi, che le espressioni di slang tipiche degli adolescenti durante la prima presidenza Abnego venivano usate dai loro figli esattamente all'identico modo, diciotto anni più tardi, durante la sua quinta amministrazione - il livellamento storico e gli effetti appiattenti della pialla abnegita erano ovvii. L'espressione verbale per definire questa grande calma diffusa era l'Abnegismo. La prima documentazione storica, abilmente redatta, di questa sostanziale inadeguatezza, riguarda l'amministrazione durante la quale Abnego, sentendosi finalmente abbastanza sicuro per farlo, nominò un gabinetto senza la minima considerazione per i desideri della gerarchia del suo partito. Un giornalista, nel tentativo di fargli notare l'assoluta sbiaditezza e incompetenza di questa nuova rappresentanza ufficiale, gli chiese se qualcuno di loro, - dal segretario di Stato al ministro delle Poste e Telecomunicazioni - si fosse mai impegnato pubblicamente su un qualsivoglia problema o se, durante gli incarichi ricoperti in precedenza, fosse mai stato responsabile anche di una sola decisione costruttiva in un qualunque campo. Al che il presidente, a quanto si dice, avrebbe risposto senza alcuna esitazione, con un blando sorriso: «Io dico sempre che non vi sono rancori quando nessuno viene sconfitto. Ebbene, signore, nessuno esce sconfitto da un combattimento in cui non c'è un arbitro che possa emettere un verdetto». Per quanto possa essere apocrifa, questa dichiarazione esprimeva in modo perfetto l'anima dell'America Abnegita. «Piacevole come un incontro senza verdetto» divenne un'espressione tipica del linguaggio di tutti i giorni.

Certamente apocrifo come la leggenda del ciliegio di George Washington, l'abnegismo più calzante di tutti fu quello attribuito al Presidente dopo una rappresentazione di Giulietta e Romeo. «È meglio non aver amato affatto, che aver amato e perduto» si dice abbia commentato alla tragica conclusione del dramma. All'inizio della sesta presidenza di Abnego - la prima nella quale il suo figlio maggiore fu vice presidente - un gruppo di europei riapri i commerci con gli Stati Uniti, arrivando a bordo di una nave da carico messa assieme con le parti recuperate da tre cacciatorpediniere affondati e una portaerei capovolta.

Ricevuti dovunque con apatica cordialità, il gruppo di europei viaggiò attraverso il paese, notando, sbalorditi, la placidità che regnava dovunque - la quasi totale assenza di beghe politiche e militari da un lato, e la rapida regressione tecnologica dall'altro. Un membro del gruppo perse alquanta della sua cautela diplomatica lasciandosi sfuggire, prima di andarsene, questo commento:
«Siamo venuti in America, in queste cattedrali dell'industria, con la speranza di trovare la soluzione per molti assillanti problemi di scienza applicata. Questi problemi - lo sviluppo dell'energia atomica per impiegarla nelle fabbriche, l'applicazione della fissione nucleare ad armi quali le pistole e le granate a mano - ostacolano la nostra ripresa postbellica. Ma voi, in ciò che rimane degli Stati Uniti d'America, non vi rendete neppure conto di quello che noi, in ciò che rimane dell'Europa, giudichiamo tanto urgente e complesso. Scusatemi, ma ciò che avete qui è una forma di trance nazionale!»

I suoi ospiti americani non si offesero: accolsero la sua lamentela con sorrisi e cortesi scrollate di spalle. E il delegato europeo, quando si trovò di nuovo fra i suoi compatrioti, dichiarò che gli americani, già famosi per le loro follie, adesso si erano specializzati in una forma di cretinismo acuto.
Ma un altro delegato, che aveva analizzato ciò che vedeva con maggior profondità, non stancandosi di fare acute domande, tornò alla sua natia Tolosa (la cultura francese ancora una volta si era coagulata in Provenza) per definire le fondamentali filosofie della Rivoluzione Abnegata. In un libro che viene letto in tutto il mondo con enorme interesse, Michel Gaston Fouffnique, un tempo professore di storia alla Sorbona, fece notare che, pur essendo l'uomo del ventesimo secolo sfuggito alle ristrette formulazioni greche quel tanto che bastava per visualizzare una logica non-aristotelica e una geometria non-euclidea, non aveva ancora trovato il coraggio intellettuale di creare un sistema politico non-platonico. Non fino all'avvento di Abnego.
«Sin dai tempi di Socrate» scrisse monsieur Fouffnique « i punti di vista politici dell'uomo sono stati incatenati al concetto che il migliore dovesse governare» .Come determinare questo 'meglio', la scala di valori da usare perché proprio il 'meglio' e non degli imprecisati 'migliori' , fosse chiamato a governare... Questo è stato il problema fondamentale intorno al quale hanno infuriato per quasi tre millenni i fuochi delle controversie politiche. Se debba prevalere una aristocrazia di nascita, o d'intelletto, questo è soltanto uno dei modi di affrontare il problema. Altri sono, ad esempio, eleggere chi ci deve governare in base ai voleri di un 'dio' letti nelle interiora d'un maiale, oppure sceglierlo con una votazione di tutto il popolo... Ma fino ad oggi nessun sistema politico si era avventurato troppo lontano dagli assunti impliciti e mai analizzati a fondo incorporati per la prima volta da Platone nello stato filosofico da lui descritto nella Repubblica.
«Adesso, finalmente, l'America si è destata, interrogandosi per la prima volta sulla validità pragmatica di quell'assioma La giovane democrazia occidentale, che introdusse nella giurisprudenza il concetto dei Diritti dell'Uomo adesso offre al mondo ancora febbricitante la dottrina del Più Basso Denominatore Comune al Governo. Secondo questa dottrina, come mi è stato dato di capire grazie ad una prolungata osservazione non è il peggiore che deve governare - come molti dei miei colleghi, troppo prevenuti, insistono a dire - ma l'esatto medio: l'uomo che potrebbe venir definito 'non-migliore' o 'non-elitario».
Sparpagliata com'era là in mezzo ai rifiuti ancora radioattivi della guerra moderna, la popolazione europea si accostò devotamente alla lettura della monografia di Fouffnique, e rimase incantata davanti alla pacifica monotonia che si diceva esistesse negli Stati Uniti, e annoiata dalle obiezioni sollevate dal mondo accademico: in questi ambienti infatti si replicava che un gruppo di governo il quale sapesse in partenza di essere "non-migliore", sarebbe stato libero dalla miriade di gelosie e conflitti che nascevano dalla necessità di dimostrare la superiorità individuale; e un tale gruppo avrebbe mirato, con la maggior fretta possibile, ad appianare qualunque grossa disputa, a causa delle pericolose occasioni che stati di tensione e di lotta avrebbero creato per gli individui ricchi d'immaginazione e di risorse.

Qui in Europa, c'erano tiranni, despoti e oligarchi; in una nazione, un antico ordine religioso era ancora al potere; in un'altra uomini astuti e calcolatori continuavano a guidare il Popolo. Ma la parola fu predicata e si diffuse. Sciamani comparvero tra la popolazione: gente dall'aspetto ordinario che vennero chiamati «abneghi». I tiranni scoprirono che era impossibile annientare questi sciamani, poiché non venivano scelti per nessuna speciale capacità ma semplicemente perché rappresentavano la media d'un qualsiasi gruppo. E si scoprì che la media d'un qualsiasi gruppo di popolazione si perpetua finché esiste la popolazione stessa. Perciò, pur tra spargimenti di sangue, in un lungo arco di tempo gli abnego diffusero la loro filosofia e fiorirono dovunque.

Oliver Abnego, che divenne il primo Presidente del Mondo, fu il presidente Abnego VI degli Stati Uniti d'America. Suo figlio presiedeva - come vicepresidente - un Senato composto soprattutto da suoi zii, zie e cugini. Questi, e la loro numerosa prole, vivevano in un'economia che si era molto, ma molto rapidamente deteriorata rispetto alle condizioni in cui era vissuto il fondatore della loro stirpe.

Quale presidente del mondo, Oliver Abnego prese un solo provvedimento: la concessione di borse di studio preferenziali a quegli studenti universitari i cui voti erano più vicini alla media del loro gruppo di età calcolata sull'intero pianeta. Ben difficilmente il presidente avrebbe potuto venir accusato di originalità e d'innovazione indegni del suo alto ufficio, poiché, ormai da qualche tempo, ogni tipo di ricompensa - scolastica, atletica e perfino industriale -era stato modificato allo scopo di premiare i risultati che più s'inquadravano nella media, punendo in ugual misura quelli più alti e più bassi.
Quando, non molto tempo dopo, il petrolio venne a mancare, gli uomini passarono con perfetta calma al carbone. Le ultime turbine vennero collocate nei musei mentre erano ancora in condizione di funzionare, poiché quelle persone che traevano ancora vantaggio da esse sentivano che quel loro uso isolato e individuale dell'elettricità era un'ostentazione davvero eccessiva per dei buoni abnegisti.
I più rilevanti fenomeni culturali di questo periodo furono poesie dalla metrica precisa e dalle rime baciate, rivolte alla bellezza anonima e al vago fascino d'una moglie o d'una vecchia madre. Se l'antropologia non fosse ormai scomparsa da molto tempo, tutti avrebbero saputo che c'era una sorprendente tendenza all'uniformità, dovunque, per ciò che riguardava caratteristiche come la struttura ossea, i lineamenti e la pigmentazione, per non parlare dell'intelligenza, la muscolatura e la personalità. L'umanità stava precipitando rapidamente e inconsciamente verso il proprio centro.
Tuttavia subito prima dell'esaurirsi del carbone, vi fu un breve sprazzo d'intelligenza in un gruppo d'individui che si erano insediati in una località a nord-ovest del Cairo. Questi nilotici - così erano conosciuti - erano per la maggior parte dissidenti irrecuperabili espulsi dalle loro comunità, con un sensibile incremento di malati mentali e handicappati fisici. Al loro apice, possedevano un immenso numero di congegni meccanici e di libri ingialliti raccolti dai musei e dalle biblioteche in rovina di tutto il mondo.
Intensamente ignorati dai loro simili, i nilotici avevano portato avanti interminabili ed esagitati dibattiti mentre aravano i loro campi di fango quel tanto che bastava per mantenersi in vita. Conclusero di esser gli unici eredi sopravvissuti dell'homo sapiens, poiché là gran massa della popolazione mondiale era adesso composta da quello che loro chiamavano homo abnegus.
Conclusero che il successo evolutivo dell'uomo era stato causato principalmente dalla sua mancanza di specializzazione. Mentre altre creature erano state costrette a standardizzarsi per adattarsi a un ambiente specifico e limitato, l'umanità era stata libera di compiere un balzo formidabile fino al momento in cui era incappata in un fattore ambientale che aveva preteso lo scotto della specializzazione. Per evitare la guerra, l'Uomo era stato costretto a specializzarsi nella nullità.
Essendo arrivati a questo punto della discussione, i nilotici decisero di usare le antiche armi a loro disposizione per salvare l'homo sapiens da se stesso. Tuttavia, il più violento disaccordo sui metodi di rieducazione che avrebbero dovuto venir impiegati li condusse ad un sanguinoso conflitto fratricida con quelle stesse armi che avevano accumulato, alla fine del quale l'intera colonia venne distrutta e la località dove si trovava resa inabitabile. Fu all'incirca nella stessa epoca che, terminato il carbone, l'Uomo tornò nelle ampie foreste che erano spontaneamente ricresciute.

Il regno dell'homo abnegus durò per un quarto di milione di anni. Alla fine il dominio del pianeta gli fu disputato - e con successo - da un gruppo di cani da riporto, dei Terranova che erano naufragati su un'isola della baia di Hudson quando la nave da carico che li trasportava ai loro nuovi padroni era affondata, nel ventesimo secolo.

Questi cani robusti e altamente intelligenti, costretti dalla loro situazione entro i limiti della loro società ringhiante per parecchie centinaia di millenni, avevano imparato a parlare, allo stesso modo in cui era capitato agli antenati scimmieschi dell'umanità, i quali avevano imparato a camminare quando un improvviso mutamento botanico aveva distrutto le loro antiche case arboree... sì, per vincere la noia. E la loro intelligenza, ulteriormente acuita dalle avversità nella loro isola desolata, la loro immaginazione stimolata dal freddo, consentirono a questi baldi cani da riporto di edificare una straordinaria civiltà canina nell'Artico, prima di calare verso sud per rendere schiava e infine addomesticare l'umanità.

L'addomesticamento consiste nell'allevare gli uomini unicamente per la loro capacità di lanciare bastoni, palle o altri oggetti, il cui riporto era ancora uno sport molto popolare fra i nuovi padroni del pianeta, anche se quelli più eruditi fra loro avevano sviluppato caratteristiche più sedentarie.
I più apprezzati come animali da compagnia e da competizione furono un gruppo d'uomini dalle braccia incredibilmente lunghe e sottili; un'altra scuola di cani da riporto, però, favorì una razza d'uomini più tozzi, dalle braccia corte, ma estremamente robuste; talvolta venivano ottenuti risultati interessanti inducendo il rachitismo per alcune generazioni, fino a ottenere esemplari d'uomini le cui braccia erano talmente sottili da sembrare senz'ossa. Ma quest'ultimo tipo, pur interessante sia esteticamente che scientificamente, veniva generalmente denunciato come un segno di decadenza del proprietario, oltre che un insulto alla funzionalità dell'animale.

Alla fine, naturalmente, la civiltà dei cani da riporto mise a punto delle macchine che potevano lanciare i bastoni più lontano, più velocemente e con maggiore frequenza. Dopo di che, salvo che nelle comunità canine più retrograde, l'Uomo scomparve.

William Tenn, da "Worlds Beyond" (rivista), 1951, USA
Traduzione in italiano di  Gian Paolo Cossato e/o Sandro Sandrelli.
Tratto da Isaac Asimov, Le grandi storie della fantascienza 13, Bompiani.

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